Ai bambini e alle bambine piacciono le storie “disdicevoli”, non quelle educative.
A qualunque latitudine e in qualunque epoca, la grande letteratura è quella che mette in discussione le regole, i valori sociali, l’identità. Chi legge va in cerca di guai perché i libri possono aprirci gli occhi su cose terribili, spiacevoli, inaccettabili del mondo e di noi stessi.
Il Giovane Holden, Tom Sawyer, Cappuccetto Rosso, Alice, Huckleberry Finn, Pippi Calzelunghe, Jean Valjean, Lolita, Ulisse… Gli eroi e le eroine della letteratura non sono esempi di rettitudine: “errano” nel doppio senso di sbagliare-fallire-deludere e di girovagare senza un percorso lineare. Ed è per questo che la scuola, salvo incredibili eccezioni, non può veicolare il piacere della lettura. L’educazione si fonda sul controllo, la letteratura sull’imprevisto.
Cappuccetto Rosso incontra il Lupo perché disobeddisce alla madre ed entra nel bosco. La fiaba dei fratelli Grimm ci dice, ancora a distanza di secoli, che senza questo atto di disobbedienza nessuna avventura é possibile e quindi nessuna salvezza.
La letteratura è un’altra forma di educazione, quella che nel senso letterale (e-ducere) conduce fuori. È la curiosità contro la securitas, il disordine contro il Logos. É anche la paura, la tristezza, la crudeltà, l’ingiustizia, il dolore, la deviazione, il perturbante. Cose che l’infanzia “sa”, conosce benissimo, sebbene gli adulti pensino di doverla proteggere.
Sono gli adulti a non credere (più) ai mostri, ma ogni bambina e bambino sa che esistono: possono assumere forme e sembianze diverse ma sono molto molto vicini. Un adulto che lo nega, ai loro occhi perde immediatamente autorevolezza perché sta negando che a questo mondo e in questa vita esistono anche la malvagità, la paura, il dolore.
Sentimenti ed emozioni che sono esperiti quotidianamente dai bambini, e non importa il motivo: per quanto futile e ingiustificato appaia all’adulto, sono esperienze totalizzanti che vanno riconosciute, incanalate, rappresentate.
La letteratura allena alla vita, anche quando non è rassicurante.
Gli esclusi, gli emarginati, i banditi, i pazzi, chi sta sulla frontiera, chi si perde nel bosco, chi non sta negli schemi, chi cambia la strada: sono i personaggi al margine, gli unici a poterci dire qualcosa in più del nostro essere umani.
Tutta l’infanzia sta al margine: é terra straniera. Come Mowgli non è abbastanza lupo tra i lupi né abbastanza umano tra gli uomini, così l’infanzia ci è famigliare fino a un certo punto. I bambini e le bambine ci spiazzano: non sono integrabili mai del tutto nei nostri progetti, nei nostri programmi scolastici, differiscono da quello che avevamo sognato per loro. L’infanzia in fondo ci è aliena.
Ogni bambino e ogni bambina incarna questo “altro”, questa possibilità di un mondo nuovo.
Bambini e bambine, perdetevi nel bosco! Guardate negli occhi il lupo! Andate sempre in cerca di guai!